Lose the map

Welcome to LoseTheMap - Prima un diaro di viaggi nel continente Asiatico, poi racconti suburbani di vita a Mosca, ed ora in family-life a Berlino - ENGLISH VERSION

Friday, May 14, 2010

Nord India

Foto: http://picasaweb.com/lostconversation/NorthIndia

Il mondo si divide in due tipi di persone: chi e’ stato in India e chi no.

Non ho mai dato importanza a questa frase dettami da qualcuno chissa’ dove, ma dopo avere vistitato Bombay, Calcutta, Varanasi e in generale questo incredibile sub-continente non ho dubbi e sottoscrivo pienamente.

Viaggiare e’ di per se’ un’esperienza incredibile, ogni paese e’ fantastico, ma l’India, signori miei, le batte tutte.

Welcome to Calcutta, la citta’ della gioia.
Calcutta e’ una citta’ con il cuore, con un’anima.
L’arrivo in tardo pomeriggio dopo un temporale e’ stata l’ennesima esperienza socio-culturale, di quelle che solo in Asia si puo’ provare, ed ognuna e’ piu’ intensa dell’altra, piu’ viva, piu’ vera.

L’odore di umanita’ e’ impregnato nell’aria, a tutti i livelli, dalle fogne a cielo aperto - o inesistenti, alle nuvole che accompagnano gli sciami di gente che si somma senza sosta in stazione, in un apparente caos che nasconde l’essenza dell’indianita’.
Ognuno e’ indaffarato in qualcosa ed ognuno ha il suo ruolo nel creare il quadro espressionista a cui assisto con tutti i miei sensi attivi al massimo.

Non bado neanche ai facchini seri e sudati che portano pesi abnormi di ogni forma e misura su dei cariolini arrugginiti e decrepiti, che sgambano nel traffico tra antichi taxi gialli - preziosi Ambassador in forma smagliante - e nuove insipide automobili; tra motociclette e rickshaw trainati a mano da corridori in dothi e canottiera che smilzi e svelti corrono nel traffico portando un’intera famiglia verso una qualche casa benestante, con borse piene di verdure e spezie per la cena e fiori e decori per rendere omaggio alle tante divinita’ hindu che proteggono ogni singola dimora, ogni singola strada, ogni singola anima.

Attraverso un bel ponte in acciaio, che dona atmosfera metropolitana alla city, torrenti umani scorrono intrecciandosi in ogni direzione silenziosamente, o meglio coperti dai rumori incessanti del traffico congestionato, claxon infiniti, fischi e richiami dei poliziotti che, manganello alla mano, cercano di arrotondare lo stipendio con qualche mazzetta, e dei venditori ambulanti di qualsiasi cosa che copiosi cercano di rifilarmi le loro mercanzie impolverate che giacciono sparpagliate sui marciapiedi.
Arrivo al mercato dei fiori, di fianco ad un tempio i cui gradini sfociano nel fiume dove i fedeli si bagnano purificandosi.


Il mercato sembra il campo di battaglia di una guerra nel fango, enormi collane di fiori gialli e arancioni riposano come anaconde assopite dal trambusto; sagome scure si muovono in fretta riempendo fogli di giornale con polveri colorate, cumuli delle quali formano una variopinta catena montuosa in un mondo in cui si smerciano colori.
Lo street business e le sue leggi prevalicano di gran lunga su codici stradali, civili e di sicurezza, gia’ arrivare integro a fine giornata e’ un discreto successo.
Ma loro vanno avanti nelle loro camice e pantaloni chiari incredibilmente puliti, i lustrascarpe felici fanno specchiare il cuoio che veste i piedi degli office men, i quali mentre si pettinano sicuri e fieri si dimostrano uomini tutto d’un pezzo che sanno pure il fatto loro.
Piacevoli chiaccherate con questi gentlemen ne rivelano la bonta’ e l’attitudine positiva, merce rara nei mercati mondani del far west.
Da loro imparo le 3 massime fondamentali sull’India: “In India all colours you can find”, “Always remember India is n.1” and, most of all “IN INDIA EVERYTHING IS MAXIMUM!”.

Ettolitri di chai bollente vengono gustati agli incroci. Ogni chai e’ una dolce intensa esperienza, che allontana l’anima dallo stato terreno e la spinge in alto, dove la pace dei sensi dimora. Ma con rupie 5 non si va lontano e dopo minuti 2 si e’ di nuovo nel limbo umano che sgomita in cerca di spazi.
Gruppi di ragazzi allegramente si lavano con l’acqua dei pozzi in mezzo alla strada, pompati a mano da bambini che giocando danno il buon esempio.
Innumerevoli esemplari umani dormono ovunque e a qualsiasi ora, non disturbati dalla vita che gli scorre fragorosa a fianco. Un uomo usa il marciapiede come cuscino.

Noto nel frattempo che le strade si sono fatte larghe e che sono nella wall street di Calcutta, la prima capitale dell’impero coloniale britannico in India. Gli edifici diventano vittoriani, talvolta imponenti, simboleggiando una certo feeling tra inglesi, indiani e questa citta’.
Relativamente all’India infatti il centro di Calcutta ha sviluppato un certo senso civico: noto con piacere, udite udite, bidoni del pattume lungo la strada!

I cartelli dei negozi e i negozianti stessi sembrano li da sempre, i primi vintage impolverati e i secondi che scacciano la polvere costante come se fosse una zanzara, cioe’ senza rispetto.
Le vernici e le scritte dipinte a mano sui muri sono ulteriori botte di colore ed espressioni artistiche rispetto alle quali le moderne stampe digitali appassiscono ed appiattiscono l’atmosfera.
Ogni muro e’ un perfetto set fotografico, ogni viso un modello ed ogni momento un’ottima trama per un film.
Senza pagare biglietto alcuno assisto, chai alla mano, alle scene di vita che si succedono in Sudder street tra indiani e turisti, i primi in normale modalita’ giornaliera e i secondi affascinati quanto me dalle bizzarrie che accadono con nonchalance sotto i loro occhi: barbieri improvvisati di fianco a pentoloni di cibo cucinato da ragazzi sui marciapiedi, travi che si muovono nell’etere, moto con 5 persone a bordo che passano in crune di aghi, sciami di mosche compatti che talvolta lasciano intravedere stand di dolciumi al loro interno, gruppi di mucche, capre e cani che se ne sbattono e si fanno i beati affari loro pascolando tra le strade intasate.

Un gruppo di giapponesi osserva preoccupato un’opera d’arte moderna itinerante che si ripete ogni 20 metri: centinaia di cavi dell’elettricita’ attorcigliati senza tregua, miracolosamente aggrappati a pali della luce inermi e addolorati, che danno energia a tutta la citta’.
Si staranno chiedendo come mai nulla e’ ancora saltato per aria; pensando ad un piano regolatore adatto all’India sorrido e mi sparo un altro chai, brindando alla spontaneita’ indiana.

E alla sera si suonano tamburi nelle strade, si bruciano falo’ e si festeggia, ogni giorno e’ un festival, che vita! E questo in cui mi trovo e’ pure bello grosso: Holi, il festival dei colori!


Shbaaaaaaang un’esplosione di colori nella terra dei colori, papillle percettive in tilt e maximum enjoyment per occhi orecchie naso mani e piedi.
Le 3 massime imparate poco prima sono dipinte sui volti smaglianti di tutti, oggi non ci sono regole e uomini e donne interagiscono attivamente spalmandosi acqua e colori sui corpi seminudi.
La mia maglietta bucata viene data in pasto alle fiamme del falo’ e si balla scalzi in eterna fratellanza.
A Woodstock purtroppo non c’ero ma queste scene in technicolor sono un lucido acido: siamo tutti figli dei fiori, Jimmy Hendrix si e’ reincarnato in India!

Un ragazzo sordomuto, ribattezzato FriendFinder, parla in realta’ la lingua di tutti, quella dei gesti, ed e’ il fulcro della vita in Sudder street dove, come direbbe Jovanotti, le regole non esistono esistono solo le eccezioni.
In parecchi restano sotto all’effetto benefico di Calcutta il piu’ a lungo possibile perche’ l’energia sprigionata e’ palpabile oggettivamente. Oh Dear my Kolky!

Col cuore pieno lascio la citta’ della gioia e mi concedo qualche giorno ai piedi dell’Himalaya, tra Sikkim e Darjeeling, sommerso da profondo buddhismo tibetano, prayer flag che grazie al vento portano le parole di Buddha in tutte le direzioni e prayer wheels che girano accumulando buon karma. E’ sempre bello essere su tra le montagne respirando natura ed energia.

Sutra e Mantra mi portano a Bodhgaya, sotto il cui famoso albero Siddharta Gautama, un disilluso nobile Hinduista in cerca di risposte sui perche’ della sofferenza, meditando raggiunse l’illuminazione diventando Buddha, i cui insegnamenti di amore e compassione sono stati basi solide sulle quali la cultura del continente intero si e’ sviluppata.

E finalmente arrivo alla culla della vita, Varanasi, la citta’ eterna.
Le acque del fiume Gange bagnano i gradini delle tante Ghat dove migliaia di fedeli fanno abluzioni purificative per lo sprito.
Il fuoco di Lord Shiva brucia sotto Manikarnika, dove da 2500 anni ogni giorno centinaia di corpi vengono bruciati offrendo Mokhsa, liberazione, alle anime di coloro le cui ceneri entrano nel sacro Gange.
Questo e’ l’obiettivo massimo per un Hinduista: uscire dal ciclo di reincarnazioni, Samsara, che relega l’anima alla vita terrena. Una volta ottenuta Mokhsa l’anima ottiene salvezza eterna, interrompendo cosi lo scomodo manifestarsi della vita in forma umana, troppo legata ai vincoli materiali che impediscono una pura spiritualita’.
I Sadhu Baba, uomini sacri nell’Hindu che vivono in (teorico) completo distacco dalla vita materiale, attendono fiduciosi, ad un passo dalla fine, vivendo gli ultimi attimi fumando charas e preparandosi ad uscire da questa vita.


Esserci e vedere quanto di vero c’e’ in questi riti e’ un’acquisizione di coscienza notevole: la morte non e’ la fine della vita, e l’averne paura e’, in fondo, da incolti.
Questo si impara in oriente, e soprattutto in India.

In occidente la nostra estrema paura per la morte - un concetto totalmente cristiano - ci lascia senza fiato ne' spiegazioni quando questa tragicamente accade, come se non sapessimo che il nostro ciclo e' fatto di inizio e fine.
L'esperienza terrena e' solo un momento del ciclo della vita.
La tristezza e la rabbia che ci assale quando si perdono persone care e' anch'essa una forma di energia che va controllata ed indirizzata, e ci insegna che di questa vita bisogna trarre il massimo personale. Della prossima non so.
Sono sempre le lezioni piu' dure che ci fanno crescere.

Questa e’ per te Glenda, e per tutti coloro che ci lasciano permaturamente: non abbiate paura, non siate tristi.
Ogni fine e’ solo l’inizio di qualcosa di nuovo.

Dal mio rooftop osservo da una parte a ovest l’antica Benares, in mezzo il fiume sacro, e dall’altra ad est la valle della morte, dove la vita si spegne ritualmente, mentre ironicamente il sole che sorge ogni mattina da oriente porta nuova vita. Neverending Samsara.
Il mio guru (Shiv from Woodstock!) e’ la chiave interpretativa di questa citta’ in cui la vita ha tutt’altro valore che altrove, dove si puo vivere per un attimo 2000 anni indietro nel passato o addirittura fermare il concetto stesso di tempo; dove morte e vita sono i due lati della stessa medaglia.

Il turismo ha in parte condizionato la citta’ eterna, comunque abituata da millenni a ricevere pellegrini devoti. Ma l’aurea di rispetto per Varanasi e’ troppo potente e nessuno puo’ scalfiggerla.
Guardando le Ghat nel silenzio della notte o durante l’alba, camminando tra i vicoli stretti pregni di divinita’ tangibili e super rispettate da tutti, assistendo a magiche pooja dove i bramini giocano col fuoco e parlano col divino seguendo precisi quanto misteriosi rituali, qualcosa si muove nell’interno e si ha l’impressione di elevarsi ad uno stato di comprensione umano superiore.
Non e’ facile vedere oltre Maya, la realta’ apparente, ma la forza sta tutta dentro ogni singola anima, Atman; la sfida e’ controllarne l’energia.
Ognuno di noi puo’ volare, se lo vuole davvero. La magia e’ solo un cambiamento di pensiero. Troppa charas?
Varanasi e’ la sintesi perfetta della spiritualita’ indiana, qualcosa che all’occhio occidentale sembra ‘anche troppo, incomprensibile e insensato’, ma che porta davvero i segni di qualcosa che noi abbiamo perso irrimediabilmente e di cui l’uomo nuovo, come detto, deve riappropriarsi per non mandare tutto in vacca.
Soul my friend, where’s our soul?

Con l’anima in tasca entro nel Taj Mahal in Agra, che rimane una splendida visione che dal vivo surclassa foto e posters. Un gioco di prospettive rende incalcolabile lo spazio tra me e il Taj, ora posso toccarlo, ora e’ un kilometro lontano. Mi diverto a vedere interazioni tra ricchi tour group di 50 50enni occidentali in super taccata turistica con videocamere appese al collo e un gruppo di pellegrini dal Rajasthan, con turbanti e orecchini che scalzi pascolano tra la folla, seguiti dalle mogli avvolte in sari colorati e gioielli artigianali. Beautiful.
Mondi lontani che si sfiorano, che condividono umanita’.

In Rajasthan infatti la scena si ripete con turbanti e sari che riempiono le strade di cittadelle fortificate che fanno da sfondo alle cartoline piu’ tipiche dell’India.
Ma ho poco tempo per il Raj perche’ ad Haridwar un mega evento mi chiama: Kumbh Mela, uno dei piu’ grandi festival religiosi del pianeta.


Il 14 aprile, data fortunata per astrologi, ero tra i 5 milioni di fedeli che in un giorno solo si bagnarono nelle gelide acque del Gange, che scorre veloce dall’Himalaya fino alla pianura indiana.
E’ il festival dei Baba e dei puri. I Baba che teoricamente hanno mollato tutti i legami materiali col pianeta si trovano ad essere venerati e riempiti di offerte da troppa gente accorsa da tutti gli angoli del sub-continente. Religione e cash trovano sempre il modo di cooperare nella storia umana, e questo festival diventa il salvadanaio per i Baba, che fanno della spiritualita’ il loro portfolio e della saggezza il loro business.

Mi trovo in Delhi poco prima di lasciare l’India, a riflettere su quanto questa esperienza sia uno di quei cardini personali che rimarranno compresi solo da chi ha provato le stesse sensazioni e visto le stesse cose, e per un attimo ha sfiorato l’intoccabile.

Ma nella city come sempre la spiritualita rimane faccenda personale, e seppur la New Delhi ha un carattere decisamente piu’ moderno e civilizzato succede che in una notte in Paharganj, la via che accoglie tutti i turisti e pellegrini che arrivano nella capitale, c’e’ il delirio collettivo.
L’ordine del governo e’ di abbattere tutte le costruzioni abusive e decrepite per lasciar spazio ad una nuova strada pulita con hotel nuovi e degni della nuova India.
E il modo per far funzionare le cose in India e’ di dare ordini insensati per mantenere la gente in moto; per cui tutta la via viene rasa al suolo in una sola notte, con bulldozers e gente appesa a balconi che abbatte muri con martelli e fiamme ossidriche.
Sembra la fine di un’era, la fine della vecchia India che deve in qualche modo rimanere al passo coi tempi moderni. Quanto impossibile e’ tutto cio’!

Cosa accadra’ se e quando gli indiani accetteranno il patto col diavolo moderno? L’anima verra’ svenduta?

Se la foresta Amazzonica e’ il polmone del pianeta, l’India ne e’ l’anima.
Ci stiamo distruggendo i polmoni e al contempo mascheriamo l’anima con un vestito nuovo e palesemente fuori luogo; giusto o sbagliato che sia, e’ questa la direzione in cui stiamo andando.

Ma va bene, smettiamola di lamentarci in ogni caso.
Energie positive e negative continueranno ad intrecciarsi in un ciclo infinito.
Tutto e’ perfetto, nella sua imperfezione.
Non ho paura, perche’ come disse Buddha prima di lasciare il pianeta: “Abbiamo tutti gli insegnamenti che ci servono, ora lottiamo per la nostra salvezza personale”.

Dei due tipi di persone descritti all’inizio, forse i primi hanno qualche strumento in piu’ per capire ed accettare la condizione presente umana, in forma globale e spirituale.
Ai secondi forse non importa tanto, giustamente.

Per chi sopravvivera’ all’apocalisse del 2012, ci troveremo tutti nel 2013 al Maha Kumbh Mela in Allahabad, per aprire un nuovo capitolo della storia umana.

Nel frattempo ci rimane una manciata di mesi per goderci del pianeta, enjoy!

Motivi burocratici mi impediscono di attraversare il Pakistan, per cui si vola in Iran!

Goodbye, Unbelievable India.

Foto: http://picasaweb.com/lostconversation/NorthIndia

1 comment:

Marcello said...

Persona non grata in Pakistan, eh vecchio?

Splendido spaccato di vita vissuta anche stavolta. Mi ha particolarmente toccato la tua descrizione del brulichio delle vite di Calcutta e delle sacre pire di Varanasi: un'esperienza veramente memorabile!

In previsione 2012, se riusciremo a vederci prima, mi prenoto per una session intensiva di spiritualita' indu/buddista con relativi advice sul come affrontare il 'passaggio'.