Lose the map

Welcome to LoseTheMap - Prima un diaro di viaggi nel continente Asiatico, poi racconti suburbani di vita a Mosca, ed ora in family-life a Berlino - ENGLISH VERSION

Tuesday, May 26, 2009

Malesia - Brunei - Singapore

Foto: http://picasaweb.com/lostconversation/Malaysia
http://picasaweb.com/lostconversation/Brunei
http://picasaweb.com/lostconversation/Singapore

Finalmente, ma con tutta la calma necessaria, ho raggiunto la punta finale del continente eurasiatico, Malllayyysia!

Questo mondo che spazia dalla jungla selvaggia ed incontaminata alla cybercity ipertecnologica secoli addietro era il baricentro del commercio marittimo tra Oriente e Occidente: un crocevia di mercanti e navigatori che, solcando i mari dello stretto di Malacca, hanno unito le Indie con la Cina, importando (oltre a indiani e cinesi) sia la cultura islamica dal Medio Oriente che la collaudata logistica e strategia coloniale Britannica (oltre a un sacco di cinesi, ripetizione voluta), creando una societa’ storicamente tra le piu’ multiculturali del pianeta: forse la globalizzazione e’ iniziata qui 500 anni fa!

Ci ho messo qualche giorno a superare lo shock del passaggio dagli hot pants e magliette bagnate tailandesi ai veli islamici che coprono i volti locali, essendo Islam religione di stato, ma dopo un po’ questo eterogeneo ma coeso mix di malesi mussulmani + cinesi buddisti e cristiani + indiani speziati + cacciatori di teste dal Borneo mi ha colpito e mi sono sentito a casa parlando in cinese, mangiando malese e ridendo in indiano!

Qui tutti parlano inglese alla grande, e gli autostop si sono trasformati da dialoghi tra sordomuti a veri e propri simposi culturali: in una giornata media ricevevo passaggi prima da colti malesi mussulmani coi quali approfondivo le mie conoscenze sull’ Islam, poi da Hindu ai quali chiedevo di Shiva, Vishnu, Kali e Ganesh e infine da qualche cinese a cui regalavo perle di mandarino: NiHaoMa? Haaaaaao!

Alla fine mi tocca sempre dire che sono cristiano, ma anche se pratico l’ateismo intellettuale sono costantemente affascinato dalle diverse religioni e credenze che riempiono le vite di un sacco di gente; in fondo il concetto e’ sempre lo stesso, ma ripetuto in slang diversi, e mentre mi perdo ad osservare i vari rituali religiosi nei luoghi di culto e le buffe interazioni pagane nei mercati asiaticamente incasinati la mia mente vola lontano, ed io mi sento a casa.

In un mese emmezzo ho spaziato dalla ricca Malesia peninsulare al selvaggio Borneo Malese, facendo tappa in Brunei e Singapore, due stati ora indipendenti ma legati culturalmente e storicamente alla Malay life.
A causa della bizzarria dei confini statali in 6 settimane ho collezionato ben 16 timbri sul passaporto, riducendo drasticamente lo spazio vitale per i futuri visti: mi tocchera’ fare carte false a Kathmandu?

Anyway, girovagando per la west penisola sotto il sole equatoriale sono passato per Penang e Malacca, le due storiche citta’-porto delle epoche coloniali ora piene zeppe di gente, macchine e centri commerciali.
Bello e interessante e’ studiare la storia del commercio dei secoli passati, ma il commercio odierno mi annoia, quindi svelto come una tigre dai denti a sciabola mi imbarco sulla mia compagnia di bandiera AirAsia per il Borneo.
Oh yes, let’s get wild, again!


Il Borneo Malese del secolo scorso era jungla impenetrabile e vita tribale, cacciatori di teste tatuati fino al collo e stupefacenti riti animisti, ma ahime’ anche questa isola tra le piu’ grandi ed esotiche del mondo ha subito l’influenza della modernita’ globale; per cui la jungle rimane, ma il massivo disboscamento preleva legno e lascia spazio a piantagioni di olio di palma e gomma, uccidendo, lentamente ma inesorabilmente, il wild Borneo.
Il Borneo Indonesiano, Kalimantan, rimane un po’ meno sviluppato e piu’ indigeno (e non facile da esplorare), mentre la parte Malese e’ quella piu’ civilizzata: qui i cacciatori di teste tribali sono defunti da tempo, e i loro discendenti godono i frutti della vita moderna lavorando, proprio come noi.
Leggenda narra, pero’, che durante la costruzione di ponti, strade e case, alla fine tra i lavoratori (soprattutto filippini e indonesiani) qualche testa viene a mancare per davvero! Gli spiriti della foresta accettano le teste come offerte e proteggono gli umani dalle calamita’, la tradizione secolare prosegue e la vita continua pacifica, quaggiu!

Il Borneo mi serve, ne ho bisogno per testare la mia sete di avventura: ne ho abbastanza o ne voglio ancora?
Beh, esperienza veloce ma intensa: 12 ore in speedboat upriver Rajang, dove le strade ancora non esistono, poi un tuffo nelle mastodontiche Niah Caves, grotte enormi e buie peste, rifugio di miliardi di pipistrelli che attendono la notte nobilmente appesi a testa in giu’.

Dopo questi antipasti e’ arrivata l’ora di esperire la vera jungla (per fortuna ne rimane ancora tanta): noleggiato un pazzo malese con tanto di machete ci siamo fatti strada per qualche ora tra la fitta selva millenaria, saltando come Tarzan tra un tronco e l’altro, guadando fiumi fino al collo e incontrando svariati tipi di insetti geneticamente modificati.
Dopo aver scalato Batu Punggul a mani nude come Manolo e goduto del bel tramonto sceso sulla foresta pluviale io e il mio scagnozzo ci accorgiamo che si e’ fatto tardi, e un tantinello buio…

Le tenebre arrivano e io sono nel mezzo della jungla, i versi di animali e insetti diventano un concerto altisonante di selvaggina scalmanata, l’atmosfera e’ pregna di tribalita’. E’ bello fare parte di questa orchestra e urlare tutta la mia foga primitiva ma non c’e’ tempo da perdere, ogni minuto che passa il buio prende il sopravvento e il rischio di passare la notte assieme a un branco di scimmie urlatrici mangiando larve di coleottero si fa sempre piu’ realistico!
Una tranquilla gita fuori porta si trasforma in una corsa notturna per scappare dai tentacoli della jungla…
Alla fine ce la faremo, e finiro’ la “Night Jungle Parade” infangato, sudato fradicio (dimenticavo di dire che la foresta pluviale e’ un tantino umida!), con qualche graffio, un bernoccolo in fronte (sturlato contro un baobab), insetti sparsi per il corpo, la scarpa destra dilaniata (ricordate quelle comprate in Cina?) e con una sanguisuga appesa al calzino!


A quanto pare il buon Karma continua a seguirmi, ma spero di non aver lasciato la mia anima impigliata tra i rami di qualche albero!

Dopo questa esperienza qualsiasi trekking turistico mi fa un baffo, ma prendo parte ad una spedizione in cerca di wildlife sul fiume Kinabatangan, nei pressi di Sandakan (da cui deriva il celebre Sandokan, la vera tigre della Malesia, scritta da penna italiana).
Purtroppo, o per fortuna, non ho avvistato tigri, ma in compenso ho visto orango tango (in Malay language Oran = uomo Tang = foresta), macachi, nasiche, scimmie varie, coccodrilli, mega lucertole, mega ragni, mega punghe, hornbills, gufi e uccelli colorati comodamente seduto sulla barchetta panoramica insieme a turisti della domenica con la erre moscia, schifati del fatto che ho mangiato insetti in Tailandia!

Per rinfrescarmi dall’umidita’ ingestibile e da un sole che qui sull’equatore brucia piu’ del fuoco autostoppo dalla jungla alla costa, fino a Semporna e Sipadan Island, regalandomi l’ennesimo diving, l’ultimo, ma il definitivo: rischio di essere monotono nella descrizione ma vi auguro, prima o poi nella vita, di avere l’opportunita’ di nuotare tra squali piccolini e tartarughe giganti, con flotte di migliaia di barracuda che ti circondano come un tornado e si twistano a tre metri dalle tue pinne formando in branco ora una nuvola, ora un sottomarino, ora una balena, come nei cartoons.
Spettacolo.
Il diving e’ come una droga: e’ stupefacente, crea dipendenza, ed e’ costoso; per cui decido per ora di appendere le pinne al chiodo e, siccome per vincoli tecnici non ho scattato foto, lascio che i fotogrammi di quei momenti subaquei fluttuino tra le mie tempie, in attesa che l’eco di sirene mi richiami di nuovo sott’acqua. Yo!

Tornando sulla terraferma, purtroppo non ho visto ne’ tigri ne’ tribu di indigeni Dayak con cerbottane e lance da caccia, ma ho avuto l’invito ad una cerimonia mussulmana di Bugis malesi/indonesiani in onore di una neonata.
L’atmosfera Islamica qui e’ molto diversa dal matrimonio Khmer Buddista in Cambogia: niente musica e niente alcol.
Gli uomini parlottano e passano il tempo fumando e mangiando i deliziosi dolci cucinati dalle devote mogli, le quali indossano vestaglie colorate e fissano i loro veli in tinta con spille variopinte.
Io da ospite vengo servito e riverito di cibo, dolci, frutta e acqua, seduto su tappeti arabici. Per non crearmi inimicizie cerco di volgere sempre il mio sguardo verso la Mecca, ma la sottile metafora non viene colta dai simpatici, ma timidi e sobri, conviviali.


Finalmente arriva il culmine della cerimonia, e l’Imam dopo attente preghiere si appresta al sacrificio di un vitello in onore, appunto, della neonata.
Tutti curiosi osservano lo sgozzamento e squartamento della bestia, e qualche bambino rimane un po’ scioccato nel vedere la testa sanguinante entrare in casa mentre il corpo e’ ancora la’ nel prato.
Il rituale dura circa un’ora, e quando tutto sembra finito l’Imam acchiappa un gallo e lo sacrifica in onore del vitello.
Ma come? Che cazzo c’entra il gallo? E chi viene sacrificato al posto del gallo? Io? Ecco perche’ mi davate da mangiare eehh!! Mi puntavate all’ingrasso!

L’ amico Ismail mi assicura che non finiro’ sgozzato, anzi ricevero’ un trattamento regale e alla fine la timidezza iniziale lascera’ spazio a larghi sorrisi e Hello e foto ricordo; mi viene inoltre posta una delle domande migliori del viaggio, in esitante inglese: “In your country… do you have jungle?”!
Dopo una risata la mia risposta e’ stata diplomatica: “No, mi spiace, niente jungla, ma abbiamo un sacco di scimmie in parlamento!”

Nel mezzo di queste avventure selvagge e sociali ho speso un paio di giorni in Brunei: l’obiettivo era dire un “Bella Li!” al sultano, ma le guardie me l’hanno impedito…
Un paese strano il sultanato del Brunei, dove credevo di vedere sceicchi e rolls-royce in stile arab-millionnaire; invece e’ un pacco!
Il Brunei un tempo occupava tutta l’isola di Borneo, poi i coloni olandesi e britannici hanno comprato terre su terre lasciando il povero ma ricco sultano con una lingua di terra piccolina piccolina, ma ricca di petrolio.
Ergo grazie ai lauti doni coloni e all’oro nero nel sottosuolo la famiglia reale e’ tra le piu’ ricche del pianeta, oltre a preservare la piu’ longeva dittatur… ehm monarchia della storia.

Il normal volgo e’ vittima di un ricatto dall’amato (sulla carta) dittatore (pupazzo a sua volta dell’esercito): pace, ricchezza adeguata, quasi zero tasse, gratis scuola, sanita’ ecc, un sistema sociale infallibile e’ assicurato, a patto che il volgo accetti la non-liberta’ di espressione, la non-democrazia, il ferreo islam, e, soprattutto il divieto di bere alcool!
Eh si in Brunei non puoi trovare nemmeno una birra caro vecchio, ma la benzina costa 20 centesimi al litro!


La capitale Bandar Seri Begawan contiene due fantastiche moschee, un paio validi di musei (anche se un po propagandistici), un villaggio su palafitte e poco altro, e due giorni sono abbastanza per questo buffo Brunei Darussalam, che pero’ ha offerto notevoli spunti di riflessione in merito alla dicotomia dittatura/liberta’; nella sua piccolezza questo stato e’ un ottimo case study su certi meccanismi sociali e politici.
C’e’ chi paragona il sultanato al governo militare in Burma ma in chiave “buona”, quindi nessuno si lamenta perche’ tutti hanno uno standard medio-alto di vita, ma son sicuro che in fondo questa gente muore di noia…

Altra storia invece Singapore, nel quale sono atterrato dopo il wild Borneo: una citta’ stato ricca, pulita e precisa, mercato mondiale di cheap tecnologia e business avanzato; dove le zaffate di aria condizionata superano le porte dei mille centri commerciali e raggiungono le strade urbane, regalando qualche secondo di respiro sotto l’incessabile sauna equatoriale.

Teoricamente Singapore (dal sanskrito Lion City), sarebbe il prototipo della moderna citta’ perfetta, dove lo slogan “produci consuma crepa” viene applicato alla lettera, tutto funziona perfettamente, a tratti non sembra neanche di essere in Asia…

Beh se quello che vogliamo dal futuro e’ “produci consuma crepa” direi che ci siamo, ma francamente credo che possiamo puntare piu’ in alto, a obiettivi un po’ piu’ nobili; anzi spesso (ancor piu’ francamente) mi chiedo: “Dove stiamo andando?” Non c’e’ risposta, ognuno qui sembra andare per la sua strada, ma a me sembra lo stesso piatto di riso riscaldato!


Anyway, vita sociale positiva, soprattutto al concerto elettronico di DjKentaro (questo Japan continua a chiamarmi…) e altri vari incontri cinesi, filipini e indiani, oltre a un po’ di street action photography.

I cinesi di Singapore (larga maggioranza) sono molto diversi dai cinesi in Cina, no spinte e no sputi, ma ipocondriaci fino all’estremo e quasi piu’ occidentali di me!
Un sacco di gente da tutto il mondo si muove qui per affari/shopping/city life, ma migliaia di divieti in nome della tua sicurezza, terrorismo psicologico costante, multe salatissime e un atteggiamento “leggermente” consumistico rendono, per me, un po noioso, grigio e androide questo futuro.
Ma non posso nascondere da umano che la shopping mania (o Singapore Syndrome) mi ha colpito e ho investito in fotografia, vivendo da vicino questo mondo di squali assassini di venditori assatanati, aiuto!

Dopo una settimana abbondante sono scappato da Singapore per preservare il mio portafoglio da inutili spese, buttando la shopping mania nel pattume, proprio come fosse plastica.
E niente riciclo.

Da Singapore guardo col binocolo verso sud e vedo l’Indonesia, che mi attira con le sue isole, cultura e carnagione scura, sento i tamburi e campanelli tropicali che mi chiamano…
Medito un po’, poi con un bel scimmione (anzi un bell’Orango) sulla schiena decido di voltare le spalle e tornare indietro; l’Indonesia merita tempo e dedizione, e siccome in testa mi girano almeno 16 progetti diversi rimando l’esplorazione dell’arcipelago al futuro, se Buddha e Allah vorranno.
Ma non preoccupiamoci, il sogno non e’ finito!

Back in Malllayyysia, in una breve tappa nella costa est (molto piu’ simile al Borneo che alla ricca costa ovest), ho rischiato di diventare principe di un sultanato (!), e dopo esser scappato dagli impicci regali sono approdato, infine, a Kuala Lumpur, capital city.
Bella citta’, se non fosse per il caldo fulminante ci farei un pensierino…
Le giganti Petronas Tower, palazzi di vetro, grattacieli in stile arabeggiantele, le classiche Little India e Chinatown, un bellissimo museo sull’arte islamica, colazioni con Roti Canai, Nasi Lemak e Nasi Goreng, un piacevole re-incontro datato Mongolia e puff… time’s up!

Ed eccomi seduto su un divano, ventilatore puntato in faccia, a tirare il fiato per un attimo.
6 lune hanno solcato i cieli del mio Sud-Est Asiatico, 6 mesi passati in infradito e shorts gustando leccornie tropicali, ripenso con uno smile a Laos, Cambodia, Burma e Thai e, soddisfatto come uno che ha appena preso la patente, mi dico che e’ giunta l’ora di cambiare.

Domani si salpa, si cambia rotta, vento in poppa capitano!
Ma dove?
H…
Ho…
Ho Chi Min?
Hokinawa?
Honululu?
Hoslo?
Haaa.. con un po’ di prevedibilita’ mollo gli ormeggi per Hong Kong, Yo!

Yong Kong!

Accetto consigli e soprattutto contributi economici per le prossime tappe, sempre che come King Kong non rimango appeso a qualche grattacielo in Kowloon )

Yo!!

Foto: http://picasaweb.com/lostconversation/Malaysia
http://picasaweb.com/lostconversation/Brunei
http://picasaweb.com/lostconversation/Singapore

4 comments:

Anonymous said...

non ho tempo non ho tempo non ho tempo ma mi sono stampata tutto e prometto che leggero tutto entro una settimana!!! che bello vederti in foto!!e grazie di aver messo anche una cartina cosi non passo ore su googlemaps a cercarti in giro per il mondo!!che bellooo ti mando un bacione ed un abbraccio fortissimo!!! chicca & clara

marcello said...

Come sempre resto stupito dai tuoi racconti, caro Marcus Toilets.

Se avessi saputo di un tuo passaggio da Singapore ti avrei dato l'indirizzo di un caro amico che si è trasferito lì un paio di mesi fa.
L'animo da backpacker ce l'ha...e anche molto forte...ti avrebbe dato ospitalità sicuramente!

Ora vado a gustarmi le foto, al solito saranno incredibili =)

jamann said...

Sto pensando al tuo passaporto: PIENO IMBALLATO! Mi ricorda 1 pò il mio libretto delle giutificazioni a scuola. Keep move...

Unknown said...

Grande Marco!
Sei un grande!!!! Un grande pazzo!!!! :) Immagino proprio che sia una esperienza bellissima!!!
Complimenti anche per il blog e soprattutto le foto!!!
Brunetti